Relazione del Gruppo di Alto Livello sulla Politica Audiovisiva presieduto dal Commissario Marcelino Oreja

I. I mass media e il modello sociale europeo

I.1 La funzione dei mass media per la società e per la democrazia in Europa

Base della presente relazione è un presupposto, incontestabile per i suoi autori, secondo cui è impossibile una società democratica moderna senza mass media di comunicazione i quali:

Una società che riduca a pochi privilegiati l’accesso all’informazione o la libertà d’espressione non è più una società democratica. Persino in quest’accezione minimalista delle loro funzioni, è evidente che i mass media hanno un’importanza essenziale nelle società democratiche.

Tuttavia, le funzioni dei mass media vanno ben oltre il semplice fatto di fornire informazioni sugli avvenimenti e sui problemi delle nostre società e di consentire ai singoli cittadini o ai gruppi di presentare le loro tesi e opinioni: nella società, i mezzi di comunicazione di massa svolgono anche funzioni formative, nel senso che hanno ampia responsabilità nel formare (non soltanto informare al riguardo) i concetti, le convinzioni strutturate e persino i tipi di linguaggio – visuale e simbolico, oltre che verbale – di cui i cittadini si avvalgono per rivestire di significato e per interpretare il mondo in cui vivono. Di conseguenza, le funzioni dei mass media di comunicazione giungono sino a influire sull’idea che noi abbiamo di noi stessi e del nostro essere adatti (o no) al nostro mondo: in altri termini, anche i mass media svolgono importanti funzioni nel formare la nostra identità culturale.

In un simile contesto, ha importanza fondamentale la televisione (che nel settore audiovisivo è il medium dominante): il cittadino europeo medio guarda la televisione ogni giorno per tre o quattro ore, i bambini ancora di più. Per la grande maggioranza degli Europei la televisione costituisce la principale fonte d’informazione, di divertimento e di cultura: presenta non soltanto fatti e immagini del mondo, ma anche concetti e categorie – di ordine politico, sociale, etnico, geografico, psicologico ecc. – di cui ci si serve per rendere intelligibili quei fatti e quelle immagini: la televisione contribuisce quindi a determinare non solo quello che noi vediamo del mondo ma anche come lo vediamo. Secondo un recente studio, la televisione:

"fornisce un insieme di fantasie, emozioni ed immagini fittizie con le quali costruiamo il nostro intendimento (o fraintendimento) di tutte quelle parti della società che sono al di là delle nostre immediate vicinanze. Di conseguenza, la televisione è parte non soltanto di come noi vediamo noi stessi in rapporto alla comunità nella quale ci troviamo, ma anche del modo in cui noi comprendiamo tale comunità: di fatto, è parte dell’origine stessa del concetto di comunità e del significato che le conferiamo".1)

Il settore audiovisivo non è un’industria come tutte le altre e non si limita a produrre merci da vendere sul mercato come le altre merci: in effetti, è un’industria culturale per eccellenza, il cui "prodotto" è unico e di natura specifica, ed ha grande influsso sul modo di conoscere, credere e sentire dei cittadini.

Questa visuale, secondo la quale i mass media audiovisivi svolgono nelle nostre società una funzione cruciale, formativa, non è né controverso né nuovo e si riflette, di fatto negli ordinamenti giuridici di tutte le democrazie dell’Europa occidentale, i quali cercano di evitare che i mass media in generale e quelli audiovisivi in particolare siano sottoposti a controllo da parte di determinati interessi privati o dallo Stato. Ciò significa, tra l’altro, riconoscere l’immenso potere dei mezzi audiovisivi.

In Europa, tradizionalmente si è avuta un’impostazione equilibrata: nel riconoscere la funzione dei media audiovisivi in quanto fattore sociale, democratico, culturale ed economico, i legislatori hanno cercato di raggiungere l’equilibrio tra esigenze contrastanti. Per esempio, il diritto di espressione deve essere in equilibrio con altri diritti per quanto riguarda questioni quali la protezione dei minorenni, la lotta contro il razzismo e il diritto alla privacy.

Altrettanto importante è una politica di equilibrio riguardo agli interessi rispettivi delle emittenti private e delle emittenti pubbliche. Nella maggior parte dei paesi dell’Europa occidentale le emittenti private sono autorizzate soltanto a partire dagli anni Ottanta.

Anche se vi è chi contesta l’esistenza o persino la validità di uno spazio audiovisivo europeo, è pur vero che, sin dagli inizi della televisione nella grande maggioranza dei 15 Stati membri della Comunità si sono condotte politiche analoghe, in senso lato, nel campo della radiotelediffusione. Ciò non deve sorprenderci poiché, nonostante la loro ricca diversità, le società europee contemporanee condividono determinati valori, quali:

Nonostante le numerose differenze esistenti tra i mercati audiovisivi dei singoli Stati membri, quest’impostazione comune della radiotelediffusione indica che i mercati nazionali hanno peraltro molto in comune in termini di valori sociali e culturali e di esperienza storica.

Se paragoniamo quest’impostazione con quella adottata negli Stati Uniti, i quali possiedono uno dei mercati più vasti e più competitivi del mondo, constatiamo che per gli Europei il punto di partenza era diverso: in Europa, in particolare, non si è mai pensato che le telecomunicazioni e il settore audiovisivo si dovessero considerare soltanto una questione economica o che il mercato garantisse di per se stesso un servizio pluralistico.

Ciò non significa che i legislatori americani non siano intervenuti con decisione sul mercato quando l’hanno ritenuto necessario per fini industriali o per altri obiettivi politici – lo attestano le famose "fin-syn rules" degli anni Settanta, la recente introduzione di un sistema di classificazione dei programmi a protezione dei bambini e la politica della Commissione federale per le comunicazioni la quale, con il sostegno delle disposizioni giuridiche vigenti in tale settore, sta attuando una rapida transizione verso un ambiente di radiotelediffusione integralmente digitale. In Europa, tuttavia, nell’impostazione del settore audiovisivo si è fatto rientrare sistematicamente più della semplice esigenza di assicurare il funzionamento del mercato: i governi europei hanno sempre riconosciuto esplicitamente la natura specifica del settore e l’importanza cruciale della sua funzione sociale. Di conseguenza, uno degli elementi centrali delle politiche europee della radiotelediffusione è stato sempre quello d’istruire e d’informare il telespettatore, al di sopra e al di là delle considerazioni puramente commerciali.

Dati i progressi tecnologici della nostra epoca – che consistono essenzialmente nell’avvento del digitale – il problema è ora se si debba riesaminare sotto tale visuale, ed in caso affermativo secondo quali modalità, l’impostazione europea della politica audiovisiva e della radiotelediffusione. È questo il problema che il Gruppo di alto livello ha tentato di affrontare nella presente relazione.


RACCOMANDAZIONI

Il punto di partenza di ogni esame della politica pubblica in materia di mass media audiovisivi deve consistere nel riconoscere, da un lato, la funzione specifica che essi svolgono nelle nostre società e, dall’altro, la necessità di assicurare l’equilibrio tra il libero gioco delle forze di mercato e la tutela degli interessi del pubblico in generale.

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I.2. Gli sviluppi tecnologici e la loro incidenza sui mass media audiovisivi

La storia delle varie civiltà è associata a reti, dalla rete stradale romana via via per i porti fenici nel Mediterraneo, le reti europee di canali, i tracciati ferroviari ed aerei, le reti elettriche e le reti telefoniche, sino alle reti televisive. Tutte queste reti hanno stabilito collegamenti, abbattuto barriere, ridotto distanze al tempo stesso psicologiche e fisiche e, soprattutto, hanno consentito lo scambio di merci, servizi e idee. Le reti digitali di comunicazioni avranno in tempi brevi ripercussioni economiche e sociali difficili da prevedere. Il nuovo ambiente presenterà molte sfide e molte possibilità.

Ma che cosa s’intende, esattamente, per questo "nuovo ambiente digitale"? In sostanza, è il fatto che la tecnologia di trasmissione digitale consente di render disponibili su molte reti diverse quantitativi di dati sinora impossibili. Per la radiotelediffusione sta così scomparendo gradualmente quella scarsezza di frequenze che caratterizzava l’ambiente analogico e limitava il numero di canali disponibili. Alla scarsezza di frequenze subentrerà infine l’abbondanza: per via terrestre, via cavo e tramite satelliti saranno forniti centinaia di servizi televisivi e radiofonici digitali, gratuiti e a pagamento, ai quali si uniranno altri servizi a valore aggiunto oppure di natura transattiva (teleshopping, servizi finanziari, posta elettronica ecc.).

Gli sviluppi tecnologici stanno portando anche alla fusione delle piattaforme, tradizionalmente distinte, di fornitura di immagini, testi, suono e voce. Nel mondo on-line, Internet già consente ai suoi utenti di accedere, a un livello qualitativo ragionevole, a determinati servizi televisivi. Nei prossimi anni è possibile che la crescente rapidità di trasmissione dei dati ed i conseguenti miglioramenti qualitativi delle immagini consentiranno di distribuire su web contenuti a canone, per esempio lungometraggi. È nel mondo della radiotelediffusione, tuttavia, che le imprese europee del settore avranno i loro maggiori punti di forza. Secondo una visuale al tempo stesso industriale e culturale, è d’importanza vitale che l’Europa si avvalga della "finestra di opportunità" che la nostra epoca ci offre per rendere la radiotelediffusione digitale un importante medium in Europa. Ciò è essenziale perché le emittenti ed i produttori europei siano in grado di competere in un mondo nel quale i materiali audiovisivi possano essere diffusi secondo modalità uniformi e in contemporanea su ogni piattaforma.

Di fronte alla scelta fra centinaia di canali, il telespettatore avrà bisogno di strumenti di navigazione, quali guide elettroniche alla programmazione (EPG) per orientarlo nel labirinto dei programmi disponibili. Inoltre, avrà bisogno di "erudirsi nei mass media", cioè dovrà raggiungere un grado sofisticato di conoscenze, per non farsi sopraffare dalla sovrabbondanza d’informazioni e per rintracciare i prodotti audiovisivi rispondenti ai suoi interessi. Perché i cittadini europei possano insediarsi con successo nel nuovo ambiente digitale, saranno quindi essenziali l’istruzione e la formazione. Di conseguenza, nei programmi d’istruzione i governi nazionali devono conferire maggiore importanza ai corsi di "erudizione nei mass media" sin dai primi anni di scuola.

L’abbondanza delle frequenze non soltanto influirà sulle abitudini dei telespettatori, ma avrà anche importanti ripercussioni sui mercati. Con il moltiplicarsi dei canali, inevitabilmente si frammenteranno le percentuali di audience per ciascuno di essi ed i proventi della pubblicità non basteranno a finanziare molti dei nuovi canali, poiché la loro percentuale di audience sarà troppo bassa. Di conseguenza, sarà necessario finanziare la maggioranza dei nuovi servizi tramite programmi a pagamento (pay-per-view) o canali a pagamento (pay-tv). La televisione gratuita non scomparirà, ma l’avvento del digitale apporterà nuovi servizi e amplierà la scelta di chi voglia e sia in grado di pagarli. Secondo uno studio svolto per incarico della Commissione europea, nel 2005 il settore dei mass media ricaverà circa il 48% del totale dei suoi utili direttamente dalle famiglie (rispetto al 33% oggi)2). Il crescente aumento dei consumi di servizi di mass media, come l’avvento di Internet, porterà ad un aumento delle spese delle famiglie. Di conseguenza, ci si deve chiedere entro quale misura i nuovi servizi saranno effettivamente disponibili alla società nel suo insieme.

Nel medesimo studio è posto in rilievo un probabile sviluppo positivo: il tasso di crescita del mercato audiovisivo europeo non soltanto è il più rapido al mondo e sta superando quello del mercato statunitense3), ma si prevede che su questo mercato in rapida espansione i produttori europei di programmi potranno contare su una più ampia percentuale di utili: si calcola che, sul totale degli utili del settore, la loro quota aumenterà dal 28% nel 1995 al 30% nel 2005, con un incremento di entrate del 55% nel periodo indicato, anche se questi produttori resteranno in posizione decisamente minoritaria sui loro mercati nazionali. Si prevede che a questo incremento apporteranno un contributo di rilievo i prodotti e servizi interattivi, come la televisione e le applicazioni multimediali interattive, ma, piuttosto che sostituire gli attuali prodotti e servizi, li integreranno e ne espanderanno il mercato. Pure probabile è che l’aumento della quota di mercato dei produttori europei di programmi sia particolarmente ingente su mercati diversi da quelli della televisione tradizionale gratuita, quali cinema, video, televisione a pagamento, televisione interattiva e applicazioni multimediali: in questi settori, in cui predominano ampiamente i prodotti americani, semplicemente proseguendo la politica attuale la quota di mercato dei prodotti europei potrebbe aumentare dal 13% nel 1995 al 21% nel 2005.

Si tratta quindi di un settore avente un considerevole potenziale di creazione di posti di lavoro. Di recente la Commissione europea ha stimato a un milione il numero di persone che nel 1995 lavoravano direttamente nei settori cinematografico e televisivo nell’Unione europea4). Se il settore audiovisivo europeo sarà in grado di soddisfare la nuova domanda, il numero di posti di lavoro potrebbe raddoppiare. Il potenziale insito nel settore audiovisivo è stato confermato anche negli Stati Uniti: da uno studio dell’aprile 1998 su "L’incidenza economica dell’industria dello spettacolo in California" è risultato che l’occupazione in questo settore è aumentata del 38% dal 1992 al 1996, cioè a un ritmo sette volte superiore a quello dell’intera economia californiana5). Il numero di posti di lavoro è arrivato a 450.000 (di cui 226.000 in dipendenza diretta e gli altri indirettamente). Nello studio si osservava a titolo di conclusione che "resta ancora da stabilire se l’attività economica futura che potrebbe risultare da tale crescita si situerà in California o altrove. È essenziale adottare una politica pubblica di sostegno permanente all’espansione dell’industria dello spettacolo perché essa possa continuare a produrre posti di lavoro, retribuzioni, gettito fiscale e altri importantissimi vantaggi economici per la California".

Le precedenti considerazioni assumono particolare rilevanza dato l’alto grado di priorità attribuito, ai massimi livelli, alla creazione di posti di lavoro nell’Unione europea, come è stato confermato al Vertice di Lussemburgo sull’occupazione6). Nella sua comunicazione sulle politiche comunitarie di sostegno all’occupazione, preparata per il Consiglio europeo di Cardiff, la Commissione europea ha evidenziato l’importanza di trarre il massimo profitto dalle nuove possibilità offerte dall’avvento del digitale, con particolare riferimento alla necessità di prevedere pubbliche sovvenzioni intese a facilitare l’accesso al finanziamento e a migliorare la formazione.

Sembra probabile che un altro effetto della tecnologia digitale consisterà nell’accentuare la tendenza alla concentrazione sul mercato audiovisivo. Le produzioni audiovisive sono sempre state costose, in particolare gli sceneggiati e specialmente i lungometraggi. Il proliferare di canali negli ultimi anni è soltanto uno dei fattori che ha portato ad un aggravio dei costi, che già erano elevati (di ciò si parla con maggiori particolari nella sezione successiva della presente relazione). Di fronte a tali gravi difficoltà di accesso al mercato, il settore delle produzioni audiovisive ha mostrato una tendenza alla concentrazione. Tuttavia, il fenomeno del convergere delle reti sta portando anche a economie di portata, in quanto la tecnologia digitale permette di utilizzare agevolmente i contenuti in numerosi formati diversi, ampliando quindi il mercato di quello che, in sostanza, è un identico prodotto. Ne risultano alleanze e concentrazioni tra società sinora attive in settori economici diversi, quali la radiotelediffusione e le telecomunicazioni, nell’intento di trarre profitto dalle suddette economie di portata (ma anche allo scopo di far fronte agli elevati costi di accesso a determinati nuovi servizi audiovisivi, come la radiotelediffusione digitale e il video a richiesta). Ancora una volta, il modello da seguire è l’equilibrio: da un lato, per le società europee è necessario lavorare insieme per essere partecipanti competitive in un mercato sempre più globalizzato; d’altro lato, per motivi democratici ed economici si deve evitare l’abuso della posizione predominante. Nell’applicare la normativa comunitaria in materia di concorrenza, la Commissione deve tener conto delle caratteristiche precipue del settore audiovisivo. La Commissione deve rivolgere un messaggio chiaro a coerente d’incoraggiamento a quegli operatori del mercato che stanno sviluppando servizi televisivi digitali, i cui investimenti sono essenziali per far prosperare il mercato della televisione digitale, il che è importante per l’Europa.


RACCOMANDAZIONI
  • È d’importanza vitale che l’Europa si avvalga della "finestra di opportunità" che si sta aprendo per consolidare la radiotelediffusione digitale (in tutte le sue forme) in tempo per l’era dell’informazione.
  • Occorre quindi che gli elaboratori della politica europea incoraggino attivamente gli operatori del mercato a sviluppare servizi televisivi digitali.
  • Perché i cittadini europei possano abitare con successo nel nuovo ambiente digitale, sono essenziali l’istruzione e la formazione. Di conseguenza, nei programmi d’istruzione i governi nazionali devono attribuire maggiore importanza, sin dai primi anni di scuola, a corsi di "erudizione nei mass media".

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I.3 L’incidenza delle nuove tecnologie e la globalizzazione dei mercati dei contenuti audiovisivi

Si sostiene spesso che il graduale scomparire della scarsità di frequenze ed il proliferare di canali di trasmissione accrescerà automaticamente la scelta degli utenti. È ovvio che la scelta sarà più ampia in termini di quantità di programmi disponibili, ma l’interrogativo cruciale è se risulteranno migliorate la qualità, la varietà e l’originalità dei programmi stessi. Un altro interrogativo a ciò correlato è se l’abbondanza di frequenze e il proliferare di canali gioverà effettivamente all’industria europea della produzione.

In altri termini, il risultato dell’avvento del digitale consisterà semplicemente in un numero maggiore di ritrasmissioni del materiale d’archivio e in una riduzione dei costi delle importazioni?

Come conseguenza dell’aumento della domanda di programmi, in seguito al proliferare dei canali, negli ultimi anni i prezzi dei diritti televisivi sono saliti alle stelle: tra il 1990 e il 1995 i costi degli sceneggiati, delle serie, dei "sitcom", dei lungometraggi e dei documentari è aumentato di circa il 5% annuo in termini reali7). La rete televisiva americana NBC ha offerto di recente 13 milioni di dollari per ogni episodio di ER, uno sceneggiato ambientato in un ospedale che è venduto in tutto il mondo; in precedenza, la NBC pagava 2 milioni di dollari per episodio. Allo stesso modo, nel settore dello sport, il prezzo pagato di recente per i diritti per le Coppe del mondo di calcio del 2002 e del 2006 è stato di 1,7 miliardi di ECU, rispetto ai 241 milioni di ECU pagati per le Coppe del mondo del 1990, 1994 e 1998 8). Solo le società più importanti e più potenti, aventi una forte posizione sul mercato, possono permettersi simili cifre astronomiche. Sotto questo profilo, è evidente che gli sviluppi che si registrano in Europa seguono da vicino quelli degli Stati Uniti.

Il Gruppo di alto livello concorda quindi con la tesi sostenuta di recente dalla Commissione europea nel Libro verde sulla convergenza nelle telecomunicazioni, nei mass media e nel settore delle tecnologie dell'informazione 9), secondo la quale in condizioni di abbondanza di frequenze i contenuti sono l’elemento determinante per il futuro delle imprese europee.

Se il contenuto di valore è una risorsa scarsa, altrettanto scarso è il talento. Perdipiù, almeno nel contesto europeo, può rivelarsi ampiamente errata l’idea secondo cui la globalizzazione porterà a un ampliamento del mercato che consentirà di controbilanciare l’aumento dei costi per i contenuti. In gran parte, i materiali audiovisivi europei corrispondono e si rivolgono ai gusti, interessi, fatti, preferenze culturali e lingua degli spettatori dei singoli paesi. Per esempio, fuori della Germania nessuno guarda in televisione tutte le manifestazioni del Carnevale renano (sebbene queste siano oggi finanziate in ampia misura tramite la vendita di diritti televisivi e abbiano costituito quest’anno circa 124 ore di trasmissioni televisive).

Quanto si è detto resta valido non soltanto per i notiziari e per i programmi di attualità, ma anche per gli show e per i programmi formativi e sportivi. Anche se è paradossale, lo dimostrano le tendenze della televisione transfrontaliera, che costituisce un’attività di grande portata: i canali non nazionali hanno quote elevate di audience in almeno nove paesi europei (Austria, Belgio, Danimarca, Svezia, Norvegia, Irlanda, Lussemburgo, Svizzera e Paesi Bassi), ma per competere con i canali nazionali le emittenti non nazionali si trovano costrette sempre più a conferire un "interesse locale" ai loro contenuti (ne sono esempi le finestre regionali di MTV Europa e le finestre svizzere Sat 1). Invece, i canali che si basano su materiali a programmazione paneuropea, quali Euronews, hanno mostrato nel tempo di avere un mercato limitato. Su un altro versante, Hollywood è riuscita a creare "contenuti" globali nella loro popolarità, mentre in Europa al fenomeno della globalizzazione delle reti si contrappone la diversità culturale e linguistica dei contenuti. La domanda di materiali nazionali, regionali e locali resterà un’importante caratteristica sul mercato dei contenuti, accanto alla domanda di determinati prodotti "globali" (per esempio i cosiddetti "blockbusters", o programmi a sensazione).

Per i produttori europei, una simile situazione costituisce al tempo stesso una sfida e un’occasione da cogliere. Tradizionalmente, i mercati audiovisivi europei sono stati frammentati a causa della diversità linguistica e culturale. Il moltiplicarsi dei canali dovuto alla televisione digitale accentuerà ancora la frammentazione del mercato. Considerati gli enormi e crescenti costi di produzione per contenuti di alta qualità, i consumatori dovranno pagare canoni di abbonamento molto elevati oppure le emittenti, semplicemente, non saranno disposte o non saranno in grado d‘investire in contenuti nazionali, regionali e locali e riempiranno piuttosto i loro palinsesti con materiale d’archivio, meno costoso, e con materiali d’importazione. Quanto più piccolo è il mercato, tanto maggiore è il rischio di fallimento: per esempio, mentre l’ampio mercato di lingua tedesca sembra in grado di sostenere una vasta fornitura di sceneggiati televisivi prodotti nel paese, lo stesso non si verifica per i mercati di dimensioni medie (per esempio l’Italia e la Spagna) e per i mercati di dimensioni ridotte (per esempio il Belgio), dove la coproduzione è spesso l’unica opzione valida sotto il profilo economico.

Si presenta quindi il seguente interrogativo:

In che modo, pur realizzando la massima percentuale della crescita globale del mercato, l’industria europea della produzione potrà raccogliere le sfide poste, da un lato, dalla tradizionale frammentazione del mercato dovuta alla diversità culturale e linguistica e, dall’altro, dall’ulteriore frammentazione del mercato derivante dal proliferare dei canali?

Come già si è detto, il mercato del pubblico pluriculturale e plurilinguistico si è rivelato limitato: per esempio, Euronews, Arte e 3Sat si dirigono soprattutto a nicchie di mercato (gusti pluriculturali non soddisfatti altrimenti)) e l’esperienza acquisita trasponendo formati tipici dei periodici da un mercato europeo a un altro ha mostrato che simili formati, anche in generi tanto universali quali la natura ed i viaggi, spesso richiedono modifiche sostanziali e, perché possano aver successo, vanno adattati ai gusti e alle preferenze del nuovo mercato a cui si rivolgono. La programmazione paneuropea o internazionale, quando ha successo, integra la programmazione nazionale, regionale e locale. Alcune società di produzione, come l’olandese Endemol, hanno avuto molto successo ideando formati di programmi per show, serie e giochi, da poter vendere a emittenti di tutta l’Europa. I contenuti di questo genere vanno incoraggiati, poiché contribuiscono a finanziare le infrastrutture di produzione necessarie per sostenere produzioni d’interesse unicamente locale o nazionale.

Per riassumere questo Capitolo I, si può dire che l’avvento del digitale presenta nuove sfide ed offre nuove possibilità per la produzione audiovisiva europea. Il successo del settore audiovisivo statunitense mostra l’importanza di una strategia di produzione orientata verso la distribuzione. In questo campo, i massimi punti di forza europei sono le società di radiotelediffusione.

La rivoluzione digitale offrirà agli spettatori trasmissioni di migliore qualità visiva, abbondanza di canali e numerosi servizi complementari, compreso l’accesso parziale o integrale a Internet tramite una periferica esterna ("set-top box") che non costerà più di poche centinaia di euro. Se le emittenti europee non sfrutteranno le possibilità offerte dall’era digitale, altre emittenti lo faranno al loro posto. Per continuare a contribuire al sostegno di forti basi locali di produzione, in grado di fornire contenuti d’interesse locale, nazionale e internazionale, le emittenti europee devono raccogliere queste sfide. In nessun’altra parte del mondo oltre che in Europa è possibile produrre programmi audiovisivi nelle lingue europee, con giornalisti, presentatori, attori, registi e sportivi europei, su temi, eventi e idee europei.


RACCOMANDAZIONI

  • Con l’avvento del digitale persisterà l’esigenza di continuare a sostenere la produzione europea.
  • Se "il contenuto è re", la chiave di accesso al reame resta la distribuzione.
  • Di conseguenza, le politiche intese a sostenere la produzione europea devono riconoscere anche la funzione vitale che possono svolgere le emittenti nel trarre il massimo profitto dalle possibilità offerte dall’avvento del digitale.

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NOTE AL CAPITOLO I

1) COPY: Broadcasting, Society and Policy in the Multimedia Age (Le telecomunicazioni, la società e la politica nell’era multimediale), University of Luton Press, 1997 , p. 28. [ ritorno ]

2) NORCONTEL Ltd: Economic Implications of New Communication Technologies on the Audio Visual Markets, Final Report (Le incidenze economiche delle nuove tecnologie delle comunicazioni sui mercati audiovisivi, Relazione finale), 15 aprile 1997 . [ ritorno ]

3) Nel suo studio, la NORCONTEL stima al 69% nel periodo 1995-2005 l’aumento probabile del totale dei profitti del settore, con un incremento dal 33 al 48% della percentuale dei proventi ottenuti direttamente dalle spese delle famiglie. [ ritorno ]

4) Documento di lavoro della Commissione: SEC(1998)837 del 14/5/1998. [ ritorno ]

5) Motion Picture Association of America (MPA): "State of the Industry: the Economic Impact of the Entertainment Industry on California" (La situazione del settore: l’incidenza economica dell’industria dello spettacolo in California), aprile 1998.  [ ritorno ]

6) COM(1998)354 del 3/6/1998. [ ritorno ]

7) Ibidem, p. 12. [ ritorno ]

8) "Les Echos" del 16 giugno 1998. [ ritorno ]

9) COM(97)623. [ ritorno ]

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